Negli articoli apparsi ieri su Gazzettino e Corriere delle Alpi appaiono dati fantasiosi sui sovracanoni idroelettrici destinati ai comuni della provincia di Belluno
Ad esempio, sembra che i comuni di Soverzene e Cencenighe incassino rispettivamente 7 milioni di euro circa il primo e 965 mila circa il secondo a titolo di sovracanone BIM: i due comuni fanno entrambi parte del BIM Piave e del Consorzio BIM Piave della provincia di Belluno il cui incasso complessivo in termini di sovracanone è di 8 milioni come ha riferito nello stesso articolo il presidente Marco Staunovo Polacco.
Non è quindi corretto dire che quei comuni avrebbero diritto a quelle somme.
Bisognerebbe piuttosto dire che, le somme indicate (ammesso e non concesso che siano corrette), devono essere sommate a quelle pagate da tutte le centrali presenti nell’ambito del BIM Piave (anche quelle fuori provincia e fuori regione perché il BIM si estende ben oltre i confini amministrativi delle province e delle regioni) e il Consorzio BIM Piave della provincia di Belluno che le incassa per conto di tutti i comuni decide come investirle sul territorio di propria competenza.
Esattamente come prescrive la legge istitutiva e correttamente ha indicato il presidente del Consorzio BIM Marco Staunovo Polacco.
Il regime dei sovracanoni BIM in Italia è regolato dalla legge 959 del 27.12.1953, una normativa di grande lungimiranza, frutto dell’iniziativa del gruppo parlamentare “Amici della Montagna”. Questa legge è stata concepita per assicurare ai Comuni montani un sussidio economico compensativo per l’utilizzo di un bene naturale come l’acqua, sottratto al loro territorio a favore di società concessionarie esterne.
Già allora, il legislatore aveva esortato i Comuni dei bacini imbriferi montani a unirsi in Consorzi, con l’obiettivo di instaurare un rapporto solidaristico finalizzato a generare opportunità di sviluppo non limitate a singoli comuni, ma estese a tutta l’area del bacino imbrifero. In questo modo, si lasciava ai comuni, attraverso il loro Consorzio, la libertà di pianificare lo sviluppo del territorio.
Nessun rischio quindi che vi siano “scelte calate dall’alto” come affermato nell’articolo perché sono i comuni a decidere come devono essere impiegati i sovracanoni.
Il BIM Piave include 109 Comuni e si estende sulle province di Belluno (58 comuni), Bolzano (2 comuni), Pordenone (3 comuni), Trento (4 comuni), Treviso (34 comuni), Udine (2 comuni) e Venezia (6 comuni).
Pertanto, oltre a Soverzene e Cencenighe, a tutti i comuni del bellunese e ai comuni veneti delle province di Treviso e Venezia, tale risorsa va destinata anche a comuni del Friuli-Venezia Giulia e del Trentino-Alto Adige che ne fanno parte.
Quindi, spiace dirlo, ma le cifre riportate nell’articolo appaiono mistificanti, e potrebbero essere anche sbagliate perché riferite alla potenza installata (che è una caratteristica tecnica degli impianti) e non a quella concessa che costituisce il valore su cui calcolare il sovracanone e che spesso è molto più bassa.
Ma soprattutto non corrispondono al principio ispiratore della legge che ha istituito il sovracanone e i consorzi per gestire il fondo comune come elemento di aggregazione solidaristica per lo sviluppo dell’intera area e non dei singoli comuni.
Come si vede la situazione è molto più complessa di quanto rappresentato.
La Federbim stigmatizza questo modo di fare informazione su questo tema spacciando informazioni fasulle e fuorvianti sull’industria idroelettrica, un tema molto serio alla vigilia di una fase critica di grande importanza come il rinnovo delle concessioni, con il rischio di scatenare tensioni tra i comuni e sfruttando la ribalta mediatica della tragedia di Suviana che dovrebbe indurre invece ad un rispettoso silenzio.